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Il bipede si alza e s'incammina verso il luogo del banchetto. La bestia a terra è calda. Il fianco umido di sangue emana un odore ferroso, ma le parti morbide interne sono già state profanate. Lo sguardo del bipede è fisso nell'osservare la pietra che stringe tra le dita. Un ellissoide lapideo scheggiato in punta e sui lati. Capitò tempo addietro che un carnivoro atterrò il bipede. La sorte era già nota, la lotta impari. Poi accadde qualcosa, le dita si strinsero intorno ad una pietra, il braccio scattò e la punta, momentanea estensione della mano, colpì ripetutamente. La belva ringhiò e la preda, il debole bipede, capì di aver mutato il corso naturale degli eventi, di aver stravolto le gerarchie fondate sulla forza. Nel cadere stremato a terra osservò il globo fiammeggiante e per la prima volta lo contemplò meravigliato. Fu un istante, un momento, che fece vacillare l'istinto, mutando nel profondo la percezione che il bipede aveva della realtà. L'odore dolciastro del sangue estingue quel pensiero remoto, e l'uomo si accinge a tagliare la pelle dura della preda con lo strumento che l'aveva trasformato. Il bipede ora è sazio e pensa. La sua testa ronza . . . di continuo. La realtà non è più la stessa, lui è cambiato o è il mondo che lo circonda ad essere mutato. Sicuramente i timori non sono svaniti, lo stupore non s'è smorzato, così come i globi d'oro e d'argento affiorano e annegano in quella linea irraggiungibile.

mani
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